1 – Luoghi “esotici” low cost
L’estate ormai alle porte sarà all’insegna della prudenza, di spostamenti sicuri e misurati, di fine settimana o di brevi vacanze in luoghi poco affollati, economicamente accessibili, non troppo lontani.
Un’ottima occasione per andare alla scoperta di luoghi “esotici” e ameni nel territorio delle quattro province.
Oltre ha realizzato alcune selezioni suddivise a tema per offrire qualche suggerimento.
Ecco la prima:
Tra le pietre di borghi fantasma
1 – Ceregate
Sull’Appennino in Alta Valle Staffora – Provincia di Pavia
Percorrendo la strada provinciale 48 verso sud, in salita, oltrepassato Fego occorre prestare attenzione alla sponda opposta dello Staffora per intravvedere il piccolo borgo di Ceregate. Poche case e una chiesa ancora ben tenuta. Non ha mai superato i 25/30 abitanti, un paesino disabitato da ormai 34 anni, da quando, nel freddo dicembre del 1986, rimase orfano del suo ultimo abitante. E’ tradizione per gli abitanti dei paesi vicini, come Cegni e Fego, andare a piedi (le auto non possono arrivarci) al Santuario dedicato a Maria Bambina, il lunedì dell’Angelo e a settembre in occasione della festa dedicata a Maria Bambina; occasioni di festa: messa all’interno della chiesa, l’incanto piazzale adiacente con all’asta torte dolci e salate, pane, salame, frutta e biscotti, pranzo nei prati. Come riferisce Gregorio Zanocco, abitante di Cegni, “Anni fa scendeva a Ceregate anche l’oste del suo paese, arrivava con il somaro e allestiva una sorta di osteria.
Su Ceregate si veda anche: Oltre n. 134 – Marzo Aprile 2012 – “Paesi fantasma e fantasmi di paesi” di Christian Draghi
Crediti: Foto Fabio Draghi
2 – Rovaiolo Vecchio
Sull’Appennino all’ombra del Monte Lesima – Provincia di Pavia
Immerso nel suo immoto silenzio, Rovaiolo Vecchio è un paese disabitato. Non è stato abbandonato a causa dell’industrializzazione o per una fuga verso la modernità, a “finire” Rovaiolo è stato il dissesto idrogeologico, che nel 1960 spinse il comune di Brallo a dichiarare il paese inagibile costringendo gli abitanti a un trasloco forzato. Lo si raggiunge dalla statale che conduce a Ponte Organasco, lasciando l’auto in località Pianellette. Sulla destra si prende un sentiero sterrato che scende al torrente Avagnone. Si attraversa il ponte in muratura (una volta era in legno) e si risale sull’altro versante della valle. Il paese sorge sul fianco che il massiccio del Monte Lesima e del suo vassallo Lesimina porgono al Trebbia. “Il paese si trovava lungo la via principale che in epoca medioevale collegava la Valle Staffora alla Liguria” spiega Fiorenzo Debattisti, autore di diversi volumi di storia locale, appassionato ricercatore, “la posizione di Rovaiolo Vecchio si innestava lungo la dorsale del percorso che partendo da Varzi risaliva lo Staffora per poi svoltare in direzione del passo di Brallo, dove da lì si scendeva fino allo snodo di Ponte Organasco. Per l’epoca la costruzione di un ponte stabile era rara e fece diventare il luogo importantissimo per la viabilità della montagna. Ed è proprio la breve distanza da ponte Organasco ad avere fatto di Rovaiolo nei secoli che furono un luogo di transito lungo la via del Sale”.
Su Rovaiolo Vecchio si veda anche: Oltre n. 133 – Gennaio Febbraio 2012 – “Anime abbandonate in perenne attesa” di Christian Draghi
Sono di recente pubblicazione gli atti della tavola rotonda “Ascoltare il paesaggio. Voci e vita in Oltrepò Pavese” (Brallo di Pregola, 22 settembre 2018) a cura di Renata Demartini e Domenico Palezzato (Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese – Guardamagna Editori, Varzi) con un ampio contributo di Renata Demartini su Rovaiolo Vecchio.
Crediti: Foto Edo Edizioni Oltrepò
3 – Casoni
Sull’Appennino, nella Valle dei Campassi – Provincia di Alessandria
Nella piccola valle dei Campassi, all’ombra dell’Antola, i borghi ormai abbandonati sono tre; Casoni è il primo che si incontra imboccando il sentiero da Vegni e probabilmente il primo ad essersi svuotato. Aggrappate alla parete della montagna le poche case, quello che ne resta, sono avvolte dalla vegetazione e forse è grazie ad essa se non sono ancora scivolate sul fondo. Sono case in pietra quasi dello stesso colore della pietra e del terreno circostante e sono, nei tetti sfondati monito dei giorni che scorrono, dolente ricordo di un tempo in cui, voci e odori le animavano. Pare che qui avesse avuto i natali e abitasse il falegname Stefano Terragno “Stieva der Cazun” (1905-1945), trasferitosi in seguito a Cosola, famoso nelle valli perché costruttore, con il legno di bosso delle pendici dell’Antola e utilizzando il tornio di Caprile, di pifferi di cui era occasionalmente anche suonatore.
Su Casoni si veda anche: Oltre n. 124 – Luglio Agosto 2010 – “L’oblio caduto sulle cose e sulle case” di Mirella Vilardi; Oltre n. 141 – Maggio Giugno 2013 – “Sporadici baluardi di vita dove tutto è immobile” di Giorgio Pieri.
Il libro di Cristiano Zanardi, I villaggi di pietra. Alla scoperta di un mondo antico, Blurb 2014, e il sito internet: a un passo dalla vetta.
Il sito internet di Albano Marcarini: Sentieri d’autore.
Crediti: Foto Edo Edizioni Oltrepò
4 – Ferrazza
Sull’Appennino, nella Valle dei Campassi – Provincia di Alessandria
Ferrazza, è il più ridente del pugno di borghi della piccola valle, forse perché posto su un pianoro soleggiato, forse perché in parte ristrutturato, almeno nei tetti, e lascia intravedere segni di utilizzo recente.
Un cartello invita al rispetto significa che qualcuna di queste vecchie case è ancora saltuariamente abitata. A lato di una porta verde si trova una pietra sagomata con scritto il nome del borgo e l’altitudine, 1111 metri sul livello del mare. Il vecchio portico non ospita più gli attrezzi agricoli e non serve neppure da riparo per il fieno tagliato, al centro ora si trova un grande tavolo realizzato semplicemente con pietre poste una sull’altra, come per un muretto a secco, e in cima una grande piano di legno, accanto ad esso delle sedie di ferro. Un luogo di conversazione in attesa che qualche voce torni a riecheggiare tra le pietre.
Su Ferrazza si veda anche: Oltre n. 124 – Luglio Agosto 2010 – “L’oblio caduto sulle cose e sulle case” di Mirella Vilardi; Oltre n. 141 – Maggio Giugno 2013 – “Sporadici baluardi di vita dove tutto è immobile” di Giorgio Pieri.
Il libro di Cristiano Zanardi, I villaggi di pietra. Alla scoperta di un mondo antico, Blurb 2014, e il sito internet: a un passo dalla vetta.
Il sito internet di Albano Marcarini: Sentieri d’autore.
5 – Reneuzzi
Sull’Appennino nella Valle dei Campassi – Provincia di Alessandria
Il campanile a vela dell’oratorio di San Bernardo Abate sbuca dalla forra, si intravvede dal sentiero soltanto qualche centinaio di metri prima di arrivare al paese. La piccola chiesa, molto semplice nella forma, come si conviene ad un edificio religioso di montagna, quasi sorprende nella sua lotta contro il tempo e l’abbandono. Vi si accede attraverso un arco a tutto sesto aperto sulla facciata, disegnata soltanto dalle falde del tetto a capanna. All’interno resiste benché sbrecciato e malconcio davanti all’abside l’altare in pietra del periodo pre conciliare. A pochi metri di distanza il piccolo cimitero. Le pietre tombali sono quasi tutte illeggibili, martoriate dal tempo, soltanto su quella che si presume essere dell’ultimo abitante del paese sono rimaste le scritte e la fotografia; l’anno è il 1961, per Reneuzzi legato ad un tragico episodio finito in cronaca: un omicidio-suicidio dettato da una passione diventata irragionevole, rimasto nei racconti tramandati nella valle.
Altri racconti invece si possono leggere nelle pietre delle poche case abbracciate una all’altra, sono frammenti di vita quotidiana, di lavoro per la sussistenza. Incuriosiscono la casa dalla parete tonda, gli angoli smussati, tondeggianti degli altri edifici, astuzie costruttive per facilitare il transito nelle viuzze strette della lesa.
Su Reneuzzi si veda anche: Oltre n. 124 – Luglio Agosto 2010 – “L’oblio caduto sulle cose e sulle case” di Mirella Vilardi; Oltre n. 141 – Maggio Giugno 2013 – “Sporadici baluardi di vita dove tutto è immobile” di Giorgio Pieri.
Il libro di Cristiano Zanardi, I villaggi di pietra. Alla scoperta di un mondo antico, Blurb 2014, e il sito internet: a un passo dalla vetta.
Il sito internet di Albano Marcarini: Sentieri d’autore.
Crediti: Foto Edo Edizioni Oltrepò
6 – I Mulini dei Campassi
Sull’Appennino, nella Valle dei Campassi – Provincia di Alessandria
Le fresche acque del Rio Campassi affluente del Borbera, alimentava una serie di mulini nella vallata, di cui era rinomato quello denominato “Gelato”, posto sulla sulla sponda destra del del corso d’acqua, poteva costituire un’autentica emergenza storica da conservare poiché azionato da una turbina tipo Pelton costituita da cucchiai di legno scavati a mano, purtroppo il degrado è ormai irrimediabile e ci si deve accontentare di leggerne le poche tracce rimaste e se non vi sarà alcun intervento purtroppo rimarrà soltanto la documentazione fotografica raccolta negli ultimi decenni.
Poco distante dal Mulino Gelato si trova il Mulino “dei Gatti”, sulla sponda opposta del rio Campassi, anch’esso verte ormai in stato di abbandono. Era di tipo tradizionale con ruota azionata da una piccola roggia.Il caratteristico tetto a ciappe di pietra ha ceduto alle intemperie, ma non sono bastati neppure i pochi rappezzamenti con tegole in laterizio a rallentarne il degrado. Fragili testimonianze di un’economia basata sull’agricoltura di queste terre difficili e sull’immane lavoro dell’uomo.
Sui Mulini dei Campassi si veda anche: Oltre n. 124 – Luglio Agosto 2010 – “L’oblio caduto sulle cose e sulle case” di Mirella Vilardi; Oltre n. 141 – Maggio Giugno 2013 – “Sporadici baluardi di vita dove tutto è immobile” di Giorgio Pieri.
Il libro di Cristiano Zanardi, I villaggi di pietra. Alla scoperta di un mondo antico, Blurb 2014, e il sito internet: a un passo dalla vetta.
Il sito internet di Albano Marcarini: Sentieri d’autore.
Il sito internet di Paolo De Lorenzi: paesi abbandonati.
Crediti: Foto Edo Edizioni Oltrepò
7 – Avi
Sull’Appennino, in Val Borbera – Provincia di Alessandria
Del piccolo nucleo di case di Avi, nel comune di Roccaforte Ligure, ormai si possono contare le pietre; si riconosce l’edificio della chiesa di San Vito per i pochi elementi della facciata che resistono in un precario equilibrio. È posto a 600 metri circa di altitudine, nel versante rivolto sulla Val Sisola, percorsa sul fondo dal rio Avi. La fitta vegetazione, che in molti tratti ha fagocitato i piccoli sentieri, impedisce di scorgere il borgo da lontano, emerge soltanto un edificio. Solo nel 1946 fu completata la costruzione di una stretta mulattiera, che fu acciottolata in modo tale da facilitare il passaggio di slitte, grazie alle quali gli abitanti potevano portare a valle piccole quantità di merci da vendere nei mercati (fieno, castagne, legname, carbone di legna). Non vi sono mai state portate né la linea telefonica, né la corrente elettrica e venne abbandonato definitivamente nel 1953.
La via più semplice per reggiungere Avi inizia in corrispondenza della chiesa di Roccaforte, la mulattiera è segnalata dal CAI con il n. 274. Al primo bivio si prosegue sulla via n.260; successivamente la n.256, in scarse condizioni di manutenzione, conduce presso il borgo abbandonato, dopo circa novanta minuti dalla partenza.
Tutti questi piccoli borghi della valle sono stati rifugio e avamposto della lotta partigiana, soprattutto quelli situati sopra le strette di Pertuso, la loro posizione strategica permetteva il controllo della valle. Lungo il percorso un cartello ricorda come dagli stessi sentieri siano passati i protagonisti della Resistenza piemontese. Si era insediato ad Avi il primo nucleo di partigiani della val Borbera, al comando di Franco Anselmi “Marco”; faceva parte di questo gruppo Virginio Arzani, che si distinguerà in seguito con il nome di battaglia “Chicchirichì”, e che fu insignito di Medaglia d’Oro al Valor Militare.
Su Avi si veda anche: Oltre n. 153 – Maggio Giugno 2015 – “23 Aprile 1941: uno schianto in Val Borbera” di Pier Luigi Feltri.
Il libro di Cristiano Zanardi, I villaggi di pietra. Alla scoperta di un mondo antico, Blurb 2014, e il sito internet: a un passo dalla vetta.
Crediti: Foto Michele Soffiantini
8 – Rivarossa
Sull’Appennino, in Val Borbera – Provincia di Alessandria
Dorgo abbandonato della Val Borbera. È situato sulla sponda destra del torrente, ad una altitudine di 730 metri, nel territorio del comune di Borghetto Borbera. Nel piccolo nucleo di case di pietra, ormai totalmente diroccate, è rimasto un solo piccolo edificio ristrutturato nel 2006 dal CAI di Novi Ligure, diventato un bivacco per gli escursionisti intitolato ad Alda e Carla Marchesotti, le proprietarie della pertinenza che dopo averla ricevuta in eredità l’hanno concessa per la nuova destinazione d’uso. Lo spopolamento del piccolo borgo ha avuto il suo epilogo definitivo a metà degli anni cinquanta. Rimane ancora intatta e ben mantenuta una piccola cappella detta Madonnina di Rivarossa, sul monte Gavasa.
Su Rivarossa si veda anche: il libro di Cristiano Zanardi, I villaggi di pietra. Alla scoperta di un mondo antico, Blurb 2014, e il sito internet: a un passo dalla vetta.
Crediti: Foto Pier Luigi Casanova
9 – Pizzonero
Sull’Appennino, in Val Boreca – Provincia di Piacenza
All’ombra del monte Alfeo, in una delle valli più suggestive dell’Appennino, il piccolo borgo di Pizzonero dagli anni Novanta non ha più abitanti stabili per tutto l’anno. Questo lembo di terra rubato al declivio molto accentuato della montagna, (da cui probabilmente deriva il nome “pizzo” ovvero lembo) è frazione del comune di Ottone, ma per raggiungerlo dalla Val Trebbia occorre valicare il passo della Maddalena. Soltanto d’estate qualcuno ritorna per la tradizionale sagra del paese il 20 agosto, per la festa di San Bernardo, patrono delle genti di montagna. Immancabile nell’occasione la musica del piffero e della fisarmonica: i suonatori arrivano a piedi dai paesi più vicini attraversando i boschi lungo la vecchia mulattiera che sale da Belnome.
Su Pizzonero si veda anche: il libro Oltrepò e dintorni. Itinerari per quattro stagioni, Edo Edizioni Oltrepò 2000.
I siti internet: Alta Val Trebbia a cura della Comunità degli Amici della Val Trebbia;
Dove comincia l’Appennino a cura di della redazione di Appennino4p.
10 – Lavazzuoli
Sull’Appennino, in Val Brevenna – Provincia di Genova
La Val Brevenna è una valle aspra, detta “il canale” perché chiusa da una corona di monti alti oltre i 1500 metri, si incunea nell’Appennino del territorio Ligure, a lato della più ampia valle Scrivia. Il torrente che la percorre termina la sua corsa ad Avosso, dove le acque che scendono dalla vallata si gettano in quelle più placide dello Scrivia. Lavazzuoli, una delle piccole frazioni molto caratteristiche del comune di Valbrevenna, non è propriamente un paese abbandonato, vi resistono infatti due abitanti, Elio e Laura, con il loro agriturismo Osteria del Sole. Però il borgo è delle tante frazioni della Valle, la più alta e non è carrabile e quindi raggiungibile solo a piedi ed è servito da una teleferica per l’approvvigionamento dei materiali.
Su Lavazzuoli e la Val Brevenna si veda anche: Oltre n. 121 – Gennaio Febbraio 2010 – “Sui versanti a Solatio dei Monti” di Alessio Schiavi;
Oltre n. 137 – Settembre Ottobre 2012 – “Quando l’Appennino diventa dorato. Zaino in spalla su sentieri che si aprono a scenari mozzafiato” di Alessio Schiavi;
Oltre n. 162 – Novembre Dicembre 2016 – “Brivido Freddo. La Valbrevenna puntellata di torri, ponti, lavatoi e locande” di Matteo Marino
Crediti: Foto Alessio Schiavi
Oltre Edizione Speciale