Destini incrociati
Un’atmosfera d’altri tempi accoglie nel verde del castello di Tassàra, nel Piacentino. Una lunga storia, di famiglie e dinastie di cui la lettura è ancora possibile, grazie all’accaduto restauro e alla passione per i giardini dell’attuale proprietario.
Castello di Tassàra: è questo il nome rimasto a un’antica dimora, una corposa costruzione in pietra chiara che, nata come fortilizio attorno al 1400 ed evoluta poi in confortevole residenza priva di connotazioni militaresche, è conosciuta anche come “villa Cigala Fulgosi”, dal nome della famiglia che ne ebbe il possesso nel Cinquecento. In precedenza era stata dei marchesi Malvicini Fontana, che la ripresero più tardi…
Incluso, nel Medioevo, nel comprensorio territoriale, della Curtis Neblani (Corte di Nibbiano), anticamente sotto la giurisdizione del cenobio di San Colombano di Bobbio, il Castelo Galo de la Taxaria è citato a volte come pertinenza del vicino fortilizio di Genepreto. Il piccolissimo borgo conserva anche il massiccio baluardo di un torrione dai muri fortemente scarpati: tra il XII e il XIII secolo la val Tidone, tradi-zionalmente guelfa, subisce le deva-stazioni degli Svevi, le incursioni dei vicini Pavesi. Sorgono castelli nei punti più strategici, a presidio di un territorio di confine, fisico e quindi politico: ancora nell’Ottocento, sotto Maria Luigia, il ducato di Parma, Piacenza e Guastalla pone proprio a Tassara una stazione di dogana per la riscossione di tasse e pedaggi.
Ai documenti storici il racconto delle vicende trascorse di Tassara. A Caterina Benello, attuale proprietaria del castello, la narrazione della vita più recente, quella che trae impulso da lei e il mari-to. Che, attorno al Duemila, si innamorano – entrambi estranei al territorio – di quel punto-spazio che, a 475 m di altitudine, regala “l’affaccio sui poggi e le colline della campagna della Val Tidone, che degradano a grandi cam-piture di diversi colori fino alla pianu-ra padana”, e porta la vista verso l’arco alpino, all’orizzonte. Una realtà fiabesca, ideale per il buen retiro, che si direbbe rispondere a una frase di Italo Calvino di “Il castello dei destini incro-ciati”: “La forza dell’eremita si misura non da quanto lontano è andato a sta-re, ma dalla poca distanza che gli basta per staccarsi dalla città, senza mai per-derla di vista.”
E ancor più Tassara di Nibbiano diven-ta, per i due, terra di stacco tra i confini costretti del vivere usuale e la proiezione sull’indefinitezza dilatata.
Un restauro amorevole e rispettoso dell’armonia, dell’estetica, soprattutto dello spirito del luogo ha fatto ricorso all’utilizzo e alla trasformazione dei materiali originali per gli arredi, ispirati a raffinata semplicità. Per gli esterni, l’intervento è stato immane. Sulle strade, che resecavano brutalmente gli spazi: una, abolita, l’altra – che conduce a un fienile costeggiando la villa – raccordata a quella d’ingresso, a sua volta spostata verso il pendio. Alla corte interna della villa (il concavo della U) è stata apportata una pavimentazione “a terrazza”, con movimento di terra per il livellamento così da creare un tappeto verde, oasi di relax all’aperto. Anche il brusco precipitare della scarpata a est verso valle, fino al grande alloggiamento dei cavalli che è al limite della proprietà, è stato ammorbidito con l’aggiunta di terra, terra, terra…
Il progetto è di Ermanno Casasco, singolare figura di creativo che, da chimico industriale, studiando a San Francisco è diventato un land-scape designer di grido, richiesto in tutto il mondo, per il suo animo di paesaggista-contadino.
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