I “vecchioni” di Angelo Morbelli
“Poema della vecchiaia”, il ciclo pittorico di interesse sociale che il maestro divisionista di Casale Monferrato aveva ambientato nel Pio Albergo Trivulzio di Milano
Il racconto di questi tempi drammatici parte sempre da numeri asettici, non per questo meno dolorosi, che diventano un triste capitolo a sé quando riportano i dati del contagio e della mortalità da coronavirus nelle case di riposo. Morti silenziose che, nei casi sotto indagine della magistratura, sono avvenute in assoluta solitudine e senza le misure necessarie ad evitare il contagio, né i dispositivi per curare la malattia. Questa cronaca crudele e disarmante segna non soltanto il ruolo di chi ha la responsabilità delle residenze, ma anche un atteggiamento secolarizzato e generale, divenuto progressivamente sempre più cinico nei confronti degli anziani intesi più come peso che come patrimonio sociale.
In questa presa di coscienza che la pandemia rende esponenziale, emerge l’accostamento impietoso con la sincera condivisione emotiva presente nei “vecchioni” dipinti da Angelo Morbelli, che aveva ambientato le sue opere di interesse sociale proprio nel Pio Albergo Trivulzio di Milano, già tristemente noto per le vicende giudiziarie di fine prima repubblica e ora sotto accusa per l’alta mortalità da covid.
Morbelli sceglie un confronto con il reale fattivo e continuo, si fa allestire un atelier all’interno dell’istituzione e convive con gli ospiti, di cui registra la mesta quotidianità in solitudine con un divisionismo ricercato e scientifico: l’artista dipinge gli spazi desolati del Trivulzio, i momenti di aggregazione lungo le panche lignee spesso in forte scorcio, le malinconiche atmosfere dei giorni festivi, evitando prese di posizioni polemiche o politiche, né cadute nel patetismo facile e diffuso nella pittura di fine ottocento.
“Mi sono messo ancora a frequentare il Pio Trivulzio ove c’è sempre argomenti per pittura” scrive all’amico Pellizza nel 1901; e l’amico sa che gli “argomenti per pittura” sono queste persone umili, provate dalla malattia e dalla solitudine, sospese tra i ricordi del passato e la consapevolezza di una morte sovrastante.
Questi soggetti popolano le sue tele fin dagli anni della formazione (la prima è del 1883) e lungo un ciclo di ben trenta opere, spesso anticipate da lavori preparatori. Tre di queste sono a Tortona, nella pinacoteca “il Divisionismo”: Vecchine curiose, del 1891, Incensum Domino!, del 1892 e Mi ricordo quand’ero fanciulla (Entremets), dipinta nel 1903 in un momento di rinnovato interesse per l’umanità del Trivulzio. Già nel titolo evocativo di quest’ultima, del confronto spietato tra la gioia dei ricordi e l’afflizione del presente, il quadro è centrale nel sistema della pittura sociale morbelliana poiché concepito all’interno di un ciclo di sei tele inviato alla Biennale di Venezia del 1903 come Poema della vecchiaia. Ciclo ricomposto in una mostra veneziana a Ca’ Pesaro nel 2018.
L’opera tortonese si distingue per l’elevata qualità sia tecnica che espressiva, nel senso che il divisionismo rende magistralmente la tattilità della luce e della sospensione pulviscolare nell’atmosfera; un’atmosfera che avvolge queste vecchine molto plastiche nei loro scialli carmini, ciascuna persa a ricordare l’emozione della gioventù che il dolce sulla tavola (entremets) ha evocato. Un’atmosfera resa realistica dalla luce che, proprio nell’essere così potente, sposta la lettura su un piano di simbolo: quel tempo sospeso tra un presente sofferto e un passato di felicità che continua ad arrivare anche a chi ne è spettatore.
Manuela Bonadeo
Link esterno