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Le mitologie d’amore del Correggio nel saggio di Arbasino

Le mitologie d’amore del Correggio nel saggio di Arbasino

Un’intensa monografia dedicata da Alberto Arbasino ad Antonio Allegri detto il Correggio, l’ultimo maestro del Rinascimento italiano. Un testo pubblicato nel 2008 dalla Casa editrice Electa nella collana “Pesci rossi”.

L’impronta su un pittore di altissima qualità ma poco frequentato come Antonio Allegri, detto il Correggio, conferma Arbasino nel solco del maestro Gadda il quale, per naturale vocazione barocca, oltre che per ineludibili necessità alimentari, fu spinto/obbligato a cimentarsi sui temi più disparati, quale collaboratore del quotidiano “L’Ambrosiano” e poi del Terzo Programma Rai. Sull’arte poi Carlo Emilio Gadda – a sentire Carlo Bologna – mostra non soltanto di sapersi muovere a proprio agio nello spazio figurativo, ma addirittura di saper leggere la scrittura pittorica con intuito fuori del comune. Meglio che andar di notte aleggia su Arbasino l’altro grande modello ispiratore: Mario Praz, esemplare esegeta spaziante dai mitici saggi sulla letteratura anglosassone alle cronache di viaggio ai medaglioni eccentrici su artisti, ventagli, mobili stile impero, con trasvolate persino sul cinema della fine degli anni Venti (recensiti con certo impaccio, come se si trattasse di romanzi…).

Il Nino Alberto nostro non si è lasciato scappare probabilmente in omaggio a Pietrino Bianchi, parmigiano “del sasso” (come Ildebrando Pizzetti, Bruno Barilli, Roberto Tassi, Giorgio Cusatelli, Attilio e Bernardo Bertolucci, Franco Maria Ricci) esegeta d’arte, letteratura e cinema cui dedicò “Le piccole vacanze” – la propo-sta della casa editrice Electa di “improvvisare” sul Correggio. Il breve saggio è appena stato pubblicato (80 pagine, con appropriato apparato iconografico, 15 euro).

“Un giorno le Grazie, vedendo i dipinti profani del Correggio subito corsero da Giove a pregarlo di far ascendere all’Olimpo quanto prima il prodigioso pittore, affinché egli potesse ammirare esse stesse e le dee – nude – e così potesse divinamente ritrarle: egli solo ne era degno e capace”.

Così scriveva Fabio Segni, poeta fiorentino coetaneo del Vasari. Aggiungendo che Giove immediatamente annuì, giustificando la precoce morte terrena del soave Antonio Allegri. Le cui mitologie d’amore con figure “sì di morbidezza colorite e d’ombre di carne lavorate, che non parevano colori ma carni” impressionarono già Giulio Romano e il Vasari, ma soprattutto chi contava di più: il committente Federico II Gonzaga. Il duca mantovano aveva infatti un trasporto particolare per i soggetti erotici e il Correggio non fece altro che secondario e coinvolgerlo negli ardori promananti dagli amplessi esemplari delle favole dei miti della letteratura classica trasfigurati da Ovidio e Luciano.

Naturale che dell’inarrivato pittore della carnalità, che entusiasmò ovviamente Stendhal (“divino/divino!” esclamava e annotava l’autore della Certosa di Parma), Arbasino si affretti, nel suo rapido ex-cursus, a celebrare i putti e i bambinacci che occhieggiano fra le verzure della volta della Camera di San Paolo, attorno a una trionfante Diana. In assonanza con il nome della committente, Giana Piacenza, madre Badessa parmigiana piena di estri e certo poco conforme.
La Leda accogliente in grembo Zeus in forma di cigno, circondata da un impianto teatrale che moltiplica cigni e lede, è da esaltare – oltre che per i valori di voluttà e per grazia seducente – come la più sciolta e divertita fra le infinite versioni che ne hanno dato legioni di artisti. Giusta la sottolineatura circa improbabili assonanze con l’algido Čajkovskij del “Lago”.

Qualche riga di Roberto Longhi

“la sensuosa sublimità, qualche volta un po’ turbativa … “

o di Adolfo Venturi

“Sogno d’amore, voluttuosa bellezza, fremito di voluttà”

risultano, pur nel ritegno del critico, adeguate sia per la lo estenuata nell’abbraccio di Giove in forma di animale lanutissimo (un Orso? Un proto King Kong?) che per la Danae che sta per essere presa da Giove sotto forma di pioggia dorata o per la pensosa e sensuale Maddalena (che al seno nudo aggiunge, negligentemente maliziosa, l’alzata della veste).

E Ganimede “che lascia il cane perplesso per l’aquilotto esplicito” costituisce un brano di pittura magistrale che Correggio volle replicare – stavolta in forma di Angelo – nell’affresco dell’Assunzione della Vergine della cupola del Duomo di Parma. “La più bella – come disse il Mengs – di tutte che siensi dipinte prima o dopo di lui”.

Arbasino non cita che di striscio la ridondante produzione di Sacre Famiglie, di Pietà, di Apoteosi dei Santi. Pur sempre molto carnali ma minimamente avvicinabili al Correggio promanante le apoteosi profane. Correggio che – pur mancato appena quarantacinquenne – ebbe comunque il suo bel divertimento nel comporre le vorticose, volitant1. centurie di anatomie di derivazione michelangiolesca e di concerti angelici con cui riempì le volte del Duomo e della chiesa .i San Giovanni (in cui c’è pure la presenza del Parmigianino, che vi dipinse un coniglietto nientaffatto disneyano). Il Cristo che ascende sospeso al centro della volta senza uso di marchingegni teatrali, circondato dai Santi Carbonari, procura emozioni lisergiche ad Arbasino. Ed è occasione di ulteriori fantasmagorie. Di cataloghi di riferimenti di citazioni rapinose ed eccentriche, di chiamata in causa, in chiusura, di Bernard Berenson:

“Ho compreso perché i suoi soggetti sacri piacevano poco, giacchè non aveva un serio interesse nelle figure maschili, mentre il fascino della femminilità, mescolandosi alle espressioni imposte dai motivi religiosi, risultano in quell’insincerità che anticipa o addirittura già incarna ciò che in pittura chiamiamo gesuitismo: giustamente, perché i Gesuiti hanno sempre puntato sulle debolezze umane, finendo per congiungere la sensualità alla fede .. “

Conta e incide l’aura di Parma Bellarma. Anche la raffinata e particolare cultura gastronomica pràmsana ci si mette. Abbinando, alle atmosfere solari lascive dei corpi, trionfi di anolini, di culatelli, di prosciutti, di “Grotte Mafalde” … e di forme di formaggio grana. Trampolini/pretesti/artifici/scandagli per affrontare i sesti gradi in cùi Arbasino usa avventarsi con la proverbiale sprezzatura stilistica e inventiva. Andando a pescare persino da “L’Ardinghello e le Isole Felici”, scritto nel 1787 da Wilhelm Heinse, in viaggio pre-romantico nell’Italia più rinascimentale e passionale. Dopo tanta estasi, una riflessione e un compianto. Tranne la Danae, che sta alla Galleria Borghese, le altre mitologie d’amore possiamo ammirarle dappresso solo andando fuori d’Italia. A Vienna al Kunsthistorisches Museum, alla Gemaldegalerie di Dresda, al Museo di stato di Berlino. Si andrà al Louvre per l’Antiope e alla National Gallery londinese per la Venere con Mercurio e Cupido. Come apporto non necessario alle vertigini citazionistica della polifonica ricerca di Arbasino su Correggio mi permetterei di aggiungere i nomi di alcuni fra i lettori forse più attenti alla lezione del soavissimo Antonio: Balthus, il grande pittore franco-polacco fratello dello scrittore Pierre Klossowski e Walerian Boroczyk, regista dei “Racconti immorali” (1974), de “La Bestia” (1975) e di “Ars Amandi” (1983). Sarà per un prossimo impromptu?

Gigi Giudice
Oltre n. 111 – 2008