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L’infermiera con l’orecchino di perla

L’infermiera con l’orecchino di perla

Si intitola “L’infermiera con l’orecchino di perla” l’opera di Lady be realizzata quale omaggio a tutti gli operatori che lavorano nei comparto sanitario, negli ospedali, in prima linea nella lotta contro la pandemia che è in atto.

Insieme a “Corona Jesus” verrà venduta attraverso la piattaforma online Charitystat, a cui hanno aderito altri artisti, il ricavato andrà a favore degli ospedali San Matteo di Pavia, Spallanzani di Roma e Sacco di Milano. Adriana M. Soldini aveva incontrato l’artista per Oltre (n.181, 2020) in occasione della mostra Pavese nel dipartimento di economia dell’Università. Proponiamo qui l’intervista.

IL mondo dell’artista Lady Be appare già varcando la soglia dell’atrio del Dipartimento nelle strutture I Giganti photo SHOWall con le riproduzioni di alcune sue opere. La mostra dal titolo “Mosaici Contemporanei” è allestita nell’Aula del Consiglio. All’anagrafe si chiama Letizia Lanzarotti, nata a Rho il 27 Ottobre 1990 e cresciuta a Dorno. Ha la parlantina sciolta piglio di chi ha le idee chiare sul futuro. D’altronde fin da piccola mostra attitudini artistiche, e alla domanda su cosa volesse fare da grande rispondeva senza esitazione: «Voglio fare l’artista». 

Quindi, diploma al Liceo Artistico A. Volta di Pavia, laurea all’Accademia di Belle Arti di Sanremo, trasferimento a Roma. Con la sua arte giocosa e dai colori smaglianti assembla storie di uomini e di cose partendo dal macro verso il micro. 

La mostra all’Università di Pavia è la seconda collaborazione con Back to College, l’associazione culturale che ha organizzato l’evento, dopo l’esposizione della scorsa estate nel loro spazio a Borghetto Santo Spirito. 

D Quando compaiono i mosaici contemporanei nella sua arte? E chi ha trovato la definizione? 

R La tecnica nasce dieci anni fa, ma la mia forma d’arte non era partita come un mosaico. La prima sensazione è stata quella di incollare oggetti che costituivano pennellate di colore; mi proponevo di dipingere con gli oggetti. Nel 2016 è stato il gallerista Adolfo Carozzi della GlobArt Gallery il primo ad avere l’idea di fare una mostra intitolata Mosaici Contemporanei. 

D La sua arte si lega al Neo Pop. Quali sono gli artisti che lei sente più vicini? 

R Sono partita dalla Pop Art di Andy Warhol. Ho iniziato con il ritratto di Marilyn e sono andata avanti ispirandomi ad altri soggetti. Considero la mia arte popolare, poiché utilizzo oggetti di uso comune, riconoscibili; è popolare anche nella scelta dei soggetti. Ma sono vicina ad altre correnti come l’Arte Povera, perché i miei materiali sono poveri, rifiuti che diventano opera d’arte. Per gli artisti cito sempre Arcimboldo, Arman e le sue Accumulazioni, Schnabel con i suoi vasi rotti. 

D Perché ha scelto la plastica come materiale d’elezione? 

R Ha una giusta consistenza e una grande versatilità. Amo la Pop Art per i colori sgargianti, i colori della plastica hanno la proprietà di essere brillanti, di saltare subito all’occhio e di essere inalterabili nel tempo. La maggioranza dei pezzi di plastica sono scelti più che altro in base al colore. 

D Compie una cernita specifica del materiale per ogni pezzo? 

R Sì, ogni opera ha in sé qualcosa che richiama il soggetto nel suo complesso. Compaiono all’interno delle sorpresine, dei giocattolini, che si relazionano al personaggio e alla sua vita. Per esempio, in Vettel e Ferrari compaiono molte macchinine. Quindi, seleziono in base al colore e poi alla tematica gli oggetti da incollare, mentre lo sfondo è realizzato in resina. 

D Il ruolo che ha per lei la plastica è in relazione all’idea di riciclo? 

R Sì, assolutamente. Il mio primo messaggio è quello ecologico e pongo l’attenzione sul tema dell’economia circolare, che enfatizzo con le opere in plastica. Ho cominciato facendo opere che erano quasi un diario dei ricordi. 

Negli anni avevo raccolto e collezionato questi oggetti che poi sono andati a formare un’opera d’arte di mia proprietà, la Marilyn. Mi piaceva già da allora raccogliere materiale sulle spiagge, come conchiglie, frammenti di vetro, lattine, pezzi dì stoffa, monete e tanto altro, che dividevo per colore.

D I suoi soggetti preferiti sono i personaggi famosi, ma rappresentati seguendo quali schemi? 

R Sl, le icone che tutti amiamo e in cui ci rispecchiamo. Da Marilyn Monroe a Audrey Hepburn, per il cinema. Ho realizzato una serie dedicata ai cantanti come Madonna, Jimi Hendrix, Jim Morrison, Elton John. Nel 2018 ho fatto una mostra ai Musei Civici nel Castello Visconteo di Pavia. Ho creato i ritratti dei volti che hanno cambiato la storia, dai più grandi scienziati, agli esploratori, fino ai religiosi come Madre Teresa di Calcutta e Papa Francesco. Naturalmente, non poteva mancare Leonardo Da Vinci. 

D Si è espressa contro la violenza sulle donne. Con la sua arte in che modo ha affrontato un argomento così grave? 

R Nel 2016 ho presentato la Barbie Tumefatta, in occasione della Triennale dell’Arte Contemporanea di Verona. Sono stata la prima a proporre questo volto simbolo di perfezione con i segni della violenza, non senza critiche. Un’opera che ha suscitato clamore, su cui hanno scritto numerose testate. Oltre a contenere materiale plastico di vario tipo il ritratto ha la particolarità di avere i capelli realizzati con le teste di più di settanta Barbie che rappresentano la moltitudine delle donne. Non dipingo mai gli oggetti che incollo, ma in questo caso ho voluto ritoccare tutti i volti con il pennarello per rimarcare il messaggio. Da questa è stata realizzata una serie di altre sette Barbie Tumefatte. 

D Il suo nome d’arte Lady Be nasce dall’assonanza con Let it Be, titolo di una delle canzoni più famose al mondo. Come è nata la sua passione per i Beatles? 

R Ho iniziato ad appassionarmi alle loro canzoni dai dieci ai tredici anni. Ascoltavo le cassette di mio padre anche se il gruppo non era della mia generazione. Hanno sempre influenzato la mia vita e poi mi hanno ispirata nell’arte. Ho realizzato diverse opere ispirate a loro e, in occasione del Beatles Day 2013 a Brescia, ho fatto la per-formance Let lt Be … Naked. Ho rivestito con il mio materiale le sagome dei Beatles nudi, riproducendo gli abiti di Sgt. Pepper, e ho invitato il pubblico a staccare gli oggetti dall’opera. Vedendo spesso le persone avere la tentazione un po’ infantile di voler prendere gli oggetti e portarseli a casa, l’ho reso possibile lasciando loro un ricordo da me autografato. Ho avuto critiche per il nudo, ma non era mia intenzione dare scandalo, piuttosto volevo creare qualcosa di provocatorio. A distanza di anni mi piacerebbe riproporre la performance, magari in un luogo più istituzionale come un museo. 

D Ha esposto in Italia e all’estero in tante sedi di prestigio, ma si è aperta anche a quali collaborazioni alternative? 

R Il 2019 è stato un anno molto ricco e ho sdoganato il mio progetto espositivo in modo da portarlo in altri luoghi non convenzionali. Ho collaborato con Legambiente e con la Disney Pixar. Con la mia tecnica ho realizzato alcuni personaggi di Toys Story 4, commissionati da Disney Italia. Altre mie opere sono esposte tuttora all’aeroporto di Milano Malpensa. 

D Veniamo alla mostra ospitata all’università di Pavia. Quali scelte ha fatto per l’allestimento? 

R Le opere presenti raccontano a grandi linee il mio percorso. Datata 2013 c’è Dollar che riprende il dollaro di Warhol ed è composta da oggetti colorati incollati interi, tra cui un cellulare Nokia 3310. All’inizio della mia carriera la selezione del materiale era meno specifica e non avevo ancora le capacità per modellare la plastica con gli strumenti che ora utilizzo. 

Ho scelto di esporre quest’opera anche perché si lega al luogo, essendo ospitata nell’Aula del Consiglio della Facoltà di Economia. Quindi, il materiale povero che da rifiuto non vale più nulla acqui-sisce un valore monetario. Altre opere sono state selezionate per i personaggi rappresentati legati al mondo universitario, come Galileo Galilei. Questo è un posto a cui tengo molto, pur non avendolo frequentato perché ho scelto gli studi artistici. Essendo originaria di Pavia, sono cresciuta con il mito di una delle università più rinomate in Europa. 

D Quali progetti ha in cantiere per il 2020? 

R Ho in programma due mostre importanti: New York e a Budapest; un’esposizione in Liguria tra fine luglio e inizi agosto, ma è ancora un po’ tutto in via di definizione. Intanto, continua fino al 28 febbraio la mostra all’università, e forse proseguirà quella all’Aeroporto di Malpensa, rinnovando un po’ i soggetti. Mi piacerebbe continuare a esporre in aeroporti o stazioni, in qualunque luogo di passaggio, perché non è solo lo spettatore che deve andare a vedere l’arte, ma anche l’arte che deve andare verso il viaggiatore, verso il pubblico che ogni giorno frequenta spazi che possono essere arricchiti con l’arte.

Adriana M. Soldini