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Oro blu

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Storia e geografia del gualdo di qua dal Po

Pensate se un giorno la pianta della vite sparisse dal nostro territorio perché qualcuno ha trovato un modo migliore per fare il vino. Per quanto sembri folle, un fenomeno del genere è accaduto alcuni secoli fa: quella pianta si chiamava gualdo e ogni anno riempiva di fiammate gialle i campi dell’Oltrepò fra Voghera, Tortona e Alessandria. Dava lavoro a migliaia di famiglie e per almeno tre secoli ha fatto la fortuna di molti paesi, come Pontecurone, Castelnuovo Scrivia e Silvano Pietra, i quali non potevano certo immaginare che Vasco Da Gama, dopo di avere aggirato il Capo di Buona Speranza, avrebbe portato dall’India una pianta fino ad allora quasi sconosciuta che avrebbe ribaltato tutto. Questa pianta si chiamava Indaco e aveva il vantaggio di contenere in una concentrazione dieci volte maggiore il principio colorante blu che c’era anche nel gualdo nostrano. La scomparsa del gualdo dalle tintorie e dai campi non fu immediata. Più che altro si trattò di una crisi serpeggiante che si concluse con il pratico abbandono di quella coltura verso la metà del ‘700. I campi vennero riconvertiti a cereali e le macine di pietra del gualdo diventarono tristi tavolini rustici. Ma nel periodo napoleonico, quando il Blocco continentale inglese chiuse per qualche anno i porti alle importazioni extraeuropee e l’indaco divenne roba da contrabbando, il gualdo ebbe ancora un guizzo: nell’ Oltrepò le semenze si trovavano ancora e c’era ancora chi si ricordava le tecniche colturali che aveva visto da bambino. Poi tutto finì con il trionfo della chimica. Anche l’indaco trovò il suo nemico mortale nell’indaco sintetico (1897) e non venne più importato. Questo libro è dedicato alla ‘cultura’ che nacque, si formò e morì attorno a questa pianta passata come una meteora. Di essa, e del lavoro che la accompagnò, non è rimasta traccia né in un quadro né in una scultura. Spero che questa ricerca ne tramandi il ricordo.

L’AUTORE

Italo Cammarata è giornalista professionista. Laureato in Chimica e Master of Science (chemistry), ha fatto per anni il ricercatore chimico prima di entrare nel settore editoriale dove ha scritto su periodici di economia, informatica, divulgazione scientifica e storia. Vive a Milano e a Brignano Frascata (AL). Tra i suoi libri: Storie Sforzesche (1996, Edo-Edizioni Oltrepò), La Valle dei Mulini (1997, Edo- Edizioni Oltrepò), Storie della Val Curone (in collaborazione con A. Bassi – 1997, Guardamagna), Il Beato Giovannino patrono di Volpedo (in collaborazione con U.Rozzo – 1997, Volpedo), Storie del Cinquecento (1998, Edo- Edizioni Oltrepò), Mille anni di storia a Pontecurone (1999, Edo- Edizioni Oltrepò), Il paese ritrovato – Il popolo di Castelnuovo Scrivia come emerge dai libri della Gabella del Sale di Borso d’Este (1999, Castelnuovo Scrivia). E’ presidente di Archeion, associazione degli amici dell’Archivio di Stato di Milano

Informazioni aggiuntive

Peso 0,5 kg
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Pagine

Rilegatura

ISBN

88-87855-12-9