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Nero abbastanza per essere “Tripolino”

Nero abbastanza per essere “Tripolino”

Belli a vedersi, orgoglio dei collezionisti, i poster della A.P.I. di Voghera, firmati da Armando Di Lullo, raccontano una realtà ormai estinta ma che rimane nelle memorie degli abitanti più agè.

 

Èla penna di Antonio Giorgi che restituisce il mito del Tripolino, un torrone, “il torrone” top della gamma di produzione di un’azienda che aveva cominciato la sua attività con i gianduiotti e che nel momento d’oro aveva una cinquantina di dipendenti, disponeva di una rete commerciale che copriva varie regioni del centro-nord e già negli anni ’30 del secolo scorso era sbarcata sul mercato degli Stati Uniti.

Tripolino traeva il suo nome un poco dal colore bruno (ricoperto di cioccolato, insomma un poco abbronzato) ma anche dalle suggestioni della canzone “Tripoli bel suol d’amore”…

Era una specialità che portava il nome di Voghera in Europa e nel mondo.

Fino a tremila quintali all’anno ne venivano prodotti, e l’azienda era diventata la quarta del settore a livello nazionale in grado di sfidare colossi come Vergani, Pernigotti, Sperlari.
Punto di forza era certamente la scelta della materie prime. Il miele arrivava per la più parte dall’Abruzzo, le nocciole dal Piemonte, ma anche dalla zona di Avellino (la inimitabile Giffoni), le mandorle da Foggia e da Bari. Roba di ottima qualità accuratamente selezionata dai maestri pasticceri della maison, gente ricca di esperienza e di profonda conoscenza del mestiere. Le maestranze erano l’altro asso vincente dell’azienda, sapevano tutti i segreti di una lavorazione apparentemente semplice ma delicatissima per i vari passaggi che implicava. Guai sgarrare.

L’API fu fondata a Milano da Virgilio Guardamagna negli anni venti, – lo scrive a Oltre il figlio Agostino Guardamagna riportandoci i racconti del padre, di quell’avventura pionieristica – trasferita a Voghera fortunosamente (quasi furtivamente) in un giorno festivo, sfuggendo ai tumulti milanesi che non consentivano di lavorare. Negli anni trenta Morini divenne suo socio. Tra gli anni quaranta e cinquanta entrò in società anche Tomaghelli, che lasciò la famosa pasticceria di via Emilia al socio Fossati, per dedicarsi alla fabbricazione di uova di cioccolato artistiche. Il Tripolino originariamente si chiamava Abissino (le sorti dell’Abissinia suggerirono la modifica del nome), fu ideato durante una fiera di paese, dal Guardamagna che vide un suo cliente immergere il torrone in una pentola di cioccolata calda.

Dell’A.P.I. Morini spa, dello stabilimento di via Cairoli, del Tripolino che allietava le festività natalizie, e non solo, non è rimasto nulla se non il rimpianto di chi a quel tempo era bambino e riceveva in dono un sacchetto con i Tripolini da 25 grammi. Bastava poco a quell’epoca per essere felici.

Una curiosità. Con il suo Tripolino (torrone ricoperto da cioccolato fondente) è invece ben presente sui mercati la ditta Davide Barbero srl di Asti, una solida casa che fa torrone dal 1888 e vanta di essere attiva nel settore dolciario dal 1838. Con il Tripolino di Voghera però c’è solo una coincidenza di nomi del tutto accidentale.

 

Oltre n. 175 è nelle edicole delle province di Pavia e Alessandria.

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